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1. Condanniamo con forza la sinofobia. Essa, nella fase storica odierna, è una delle forme più diffuse di razzismo, nonostante non venga mai realmente tematizzata: a differenza, ad esempio, dell’antisemitismo che viene purtroppo spesso indebitamente usato per censurare invece la legittima critica anti-sionista.

2. Il razzismo anti-cinese, corroborato per ostacolare l’ascesa economica della Repubblica Popolare a tutto vantaggio del capitalismo e dell’imperialismo atlantico, riguarda purtroppo e drammaticamente tanto schiere xenofobe quanto parte di quella sinistra cosiddetta liberal che retoricamente si schiera sempre contro il razzismo ma che poi non si preoccupa minimamente di diffondere informazioni faziose (se non del tutto inventate) pur di denigrare il popolo cinese e le proprie legittime istituzioni. Ed è proprio in questo “unanimismo” (da destra a sinistra) a risiedere la pericolosità della sinofobia.

3. Aprofittare della recente crisi sanitaria del Coronavirus per fomentare la sinofobia è ancora più immorale. Diffondere informazioni fasulle su presunte manovre di guerra biologica da parte cinese, dimenticandosi invece di evidenziare gli enormi sforzi del governo di Pechino in ambito medico – confermati peraltro dall’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) – nonché l’alto senso civico e di solidarietà (interetnica) del popolo cinese, ben denota il clima da “guerra fredda” in cui i governi occidentali ci vogliono spingere.

4. Di recente l’avv. Paolo Bernasconi ha dichiarato sul quotidiano “LaRegione” che “il governo cinese asfalta chiese, templi e moschee”. Un ex-procuratore dovrebbe evitare di spararle così grosse soprattutto senza presentare delle prove. Il governo cinese – grazie anche all’intermediazione dell’ex-ministro italiano Oliviero Diliberto, un comunista – sta infatti aprendo relazioni di dialogo con il Vaticano, il quale non ci risulta abbia mai avvalorato tesi simili. E che dire delle presunte prassi cinesi “per stritolare le minoranze musulmane” silenziandole in “campi di concentramento” con tanto di “espianto di organi”? A noi risulta invece che le relazioni fra Pechino e i paesi musulmani progrediscano, tanto è vero che oltre una decina di essi ha pure firmato nel luglio 2019 una lettera al Consiglio per i Diritti Umani dell’ONU in sostegno alla politica cinese di tutela dell’etnia uygura dall’integralismo islamico.

5. Dire poi che la Cina – con il progetto “One Belt One Road” (offensivamente rinominato “One Belt One Road One Gulag” dall’avv. Bernasconi) – stia “corrompendo le democrazie occidentali” è semplicemente raccapricciante. La nuova Via della Seta ha invece due grandi meriti di stampo progressivo: da un lato permette uno sviluppo indipendente dei paesi che erano finora tenuti in povertà dal neo-colonialismo europeo; e dall’altro permettere a paesi come la stessa Svizzera di riconquistare la propria sovranità e neutralità diversificando i propri partner commerciali senza dover obbedire ai diktat USA e UE.

6. Facciamo appello ai partiti di ispirazione comunista, socialista e operaia del mondo, così come alle associazioni attive nella solidarietà e nell’aiuto umanitario, affinché riconoscano questo problema e si attivino per contrastare questa situazione che fomenta la conflittualità fra le nazioni: la nuova frontiera della lotta al razzismo, nella fase storica attuale, è contrastare il diffondersi dell’odio contro il popolo cinese e le sue organizzazioni. E ciò può avvenire non solo con una cooperazione economica win-win nell’ambito di una geopolitica multipolare, ma anche con scambi in ambito culturale, scientifico e accademico.

sinofobia

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