Il prossimo 9 giugno, il popolo svizzero sarà chiamato ad esprimersi sulla Legge federale su un approvvigionamento elettrico sicuro. Si tratta di una modifica legislativa rilevante, dato il carattere strategico della politica energetica federale nell’attuale contesto di grandi tensioni internazionali e di indebolimento delle catene di approvvigionamento. Il Comitato Centrale del Partito Comunista (PC), da tempo molto attento a tali questioni, esprime qui di seguito le sue considerazioni in merito a tale riforma.
L’obiettivo principale di questa modifica legislativa è quello di aumentare la produzione elettrica nazionale, incrementando in tal modo l’autoapprovvigionamento energetico del Paese. Si tratta indubbiamente di un obiettivo condivisibile, che il nostro Partito aveva già indicato come fondamentale nel contesto della votazione sulla cosiddetta “Legge Clima” approvata dal popolo lo scorso giugno: senza un rafforzamento della sovranità energetica nazionale, gli obiettivi di transizione prefissata da tale legge avrebbero infatti condotto ad una maggiore integrazione nel mercato energetico europeo e ad una grave perdita di sovranità in questo ambito.
La legge federale sull’approvvigionamento energetico posta in votazione adotta quindi una positiva, anche se ancora insufficiente, logica di programmazione pubblica dello sviluppo infrastrutturale del Paese. Constatiamo favorevolmente che sarà lo Stato a stabilire gli orientamenti della politica energetica nazionale e a mettere in campo gli strumenti legislativi ed economici volti ad implementare tale strategia basata sulla transizione dalle fonti fossili a quelle rinnovabili, ma rileviamo come sia purtroppo del tutto assente un vero e proprio piano industriale pubblico per la transizione energetica. La politica federale si limiterà ancora una volta a fissare le condizioni quadro del mercato energetico e ad elargire sussidi alle aziende private, lasciando a queste ultime il compito di realizzare gli investimenti necessari e a trarne di conseguenza tutti i profitti.
La Confederazione non potrà esercitare un controllo diretto sugli attori in campo nel raggiungere gli obiettivi d’autoapprovvigionamento elettrico e non potrà garantire che questa politica si ripercuoti sui prezzi finali dell’energia elettrica, evitando che a pagare siano solo le famiglie dei ceti popolari. Se lo sviluppo di fonti energetiche come il solare e l’eolico sono da salutare positivamente, dall’altra parte è giusto tener presente che per passare ad una produzione più decentralizzata dell’elettricità sul territorio nazionale, sarà necessario investire diverse decine di miliardi di franchi senza alcuna garanzia che questi costi non saranno poi riversati sulle bollette dei cittadini nelle cosiddette “spese per la rete elettrica”. In questo senso preoccupa l’introduzione di “tariffe dinamiche” per disincentivare l’uso di energia nei momenti di maggiore consumo: non è da sottovalutare il rischio di un “aumento fantasma” delle bollette a carico delle economie domestiche, contro il quale occorrerà adottare provvedimenti adeguati a compensare la perdita di potere d’acquisto. In quest’ottica concedere negli obiettivi della legge un maggiore peso allo sviluppo delle centrali idroelettriche avrebbe probabilmente limitato il futuro impatto sulle tasche dei cittadini.
Lo sviluppo delle energie rinnovabili permetterà un importante aumento della diversificazione delle fonti energetiche, ma per come sono orientati gli obiettivi della Legge, non ci si può illudere che anche in futuro, in determinate condizioni, sarà sempre necessario ricorrere all’acquisto di energia elettrica prodotta dall’estero. Il Partito Comunista ritiene che questa situazione sia da ridurre al minimo.
Se quanto previsto dalla Legge prevede effettivamente una maggiore indipendenza dall’UE dovuta ad una tendenziale diminuzione del fabbisogno elettrico estero, dall’altra parte il nostro Paese, nonostante questa riforma, rimarrà ancora dipendente dall’estero nel campo delle tecnologie, della componentistica e dei pezzi di ricambio dei nuovi impianti previsti. Data l’assenza – come detto – di un vero piano pubblico strategico che auspichi anche la riduzione di questo tipo di dipendenza indiretta, sarà come minimo importante sorvegliare che si applichi una reale diversificazione tra l’utilizzo di tecnologie e prodotti derivanti dall’UE e dagli USA ma anche dai paesi emergenti, poiché anche in questo ambito non mancano interessi geopolitici e la nostra neutralità si vede anche dalla politica energetica!
Una delle principali obiezioni alla legge presentata dai contrari è rappresentata dal pericolo di una riduzione della tutela della natura e del paesaggio: il nostro Partito ritiene però che il carattere strategico della politica energetica sia preminente su tali considerazioni, rilevando inoltre come le garanzie ambientali e democratiche previste dalla legge siano complessivamente sufficienti a tutelare le possibilità di opposizione popolare a nuovi impianti ritenuti deturpanti del territorio.
Benché il Partito Comunista non si illuda sulle reali volontà di negoziazione del Consiglio federale, sarà fondamentale nel contesto delle trattative per il nefasto accordo quadro Svizzera-UE, bloccare il progetto di liberalizzazione totale nel mercato energetico promossa dall’Unione Europea. Oltre ai citati risvolti geopolitici legati all’integrazione energetica nelle catene d’approvvigionamento europee, è infatti forte il pericolo di una dinamica di dumping e concorrenza sleale da parte delle aziende elettriche della UE, che potrebbe disincentivare la transizione energetica e ridurre quindi la stessa e auspicata sovranità energetica del Paese.
Non da ultimo, è da salutare con favore la volontà di armonizzare le condizioni quadro a livello nazionale, contrastando le disparità ad oggi esistenti in campo energetico, ad esempio attraverso l’introduzione di tariffe minime per l’acquisto di energia prodotta attraverso impianti fotovoltaici.
In ragione delle considerazioni esposte, il Partito Comunista invita a votare scheda bianca come protesta per una legge ancora una volta ambigua, che accanto a un obiettivo lodevole come quello di aumentare l’autoapprovvigionamento elettrico del Paese, nasconde però il rischio di una liberalizzazione totale del mercato elettrico e un drastico aumento dei costi per i consumatori. Troviamo in particolare vergognoso che per raggiungere tali scopi si decida di affidarsi prevalentemente alle logiche delle sovvenzioni alle ditte private in un sistema di mercato semi-libero, le quali non danno alcuna effettiva garanzia del raggiungimento della sovranità energetica in un contesto di forte pressioni verso l’integrazione al mercato elettrico dell’UE.