Le pratiche del Dipartimento delle istituzioni emerse nelle ultime settimane, benché note da tempo e già più volte denunciate dalla sinistra ticinese, sono e rimangono gravi e intollerabili agli occhi del Partito Comunista.
La mancata osservanza delle sentenze e della giurisprudenza illustrata dall’inchiesta di Falò, se non può ancora essere considerata la manifestazione di uno Stato di polizia, pone certamente dei seri dubbi in quanto al rispetto dello Stato di diritto e della certezza delle leggi. I sistematici ed invadenti controlli a danno dei richiedenti un permesso di soggiorno, senza alcuna decisione da parte della magistratura inquirente, rendono chiara la mancanza di proporzionalità nell’esercizio delle funzioni di controllo attribuite alla polizia. In questo senso, non è affatto comprensibile per quale ragione il Ticino debba trattare casi simili attraverso le forze di polizia, quando altri Cantoni riescono invece a farvi fronte attraverso personale amministrativo appositamente preposto a questo genere di verifiche.
Data la gravità e specialmente la reiterazione di queste pratiche di controllo e di intimidazione, il Partito Comunista sostiene la richiesta di attivazione dell’alta vigilanza sul Consiglio di Stato invocata dal Partito Socialista. Il problema è però più ampio e richiede una prospettiva globale in quanto all’esercizio delle funzioni di polizia e ai diritti dei cittadini stranieri. Il programma d’azione da noi presentato in occasione delle elezioni cantonali dello scorso anno prevedeva varie misure di riforma in questo ambito:
- L’approfondimento del contenuto della formazione dei poliziotti, specialmente in materia di etica e di diritto, per diminuire al massimo situazioni di abuso d’autorità;
- Il lancio di un programma gratuito destinato all’integrazione dei migranti, orientato all’acquisizione della padronanza della lingua italiana ma anche all’informazione sull’insieme dei diritti e dei doveri sociali e civili;
- L’estensione del diritto di voto a livello comunale agli stranieri titolari di un permesso C.
La denuncia pubblica che compiamo oggi rispetto alle violazioni dello stato di diritto e all’attività dell’Ufficio della migrazione non è quindi solo una denuncia puntuale di qualche malfunzionamento nell’apparato dello Stato, ma dev’essere invece lo sprone per andare oltre la stigmatizzazione dei cittadini stranieri, in direzione di un’estensione dei loro diritti e di una loro maggiore integrazione sociale.