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Come da noi auspicato in una recente dichiarazione, fra il governo siriano (a cui partecipano pure i comunisti locali) e le forze separatiste curde si è giunto a un accordo che esclude la balcanizzazione della Repubblica Araba Siriana e pone fine alle ostilità. Questo accordo è un passo fondamentale verso la pace e la fratellanza tra le etnie – quella curda in primis – che compongono la nazione siriana ed è merito della resistenza delle forze patriottiche riunite sotto l’ombrello del Fronte Nazionale Progressista. Nel contempo è il modo migliore per proteggere i civili curdi dalle manovre di USA e Israele atte a usarli nel classico gioco del “dividi et impera”.

Lo scioglimento delle milizie separatiste (armate dagli Stati Uniti) e il ritiro delle truppe occidentali dal territorio siriano è una importante vittoria contro l’imperialismo e il terrorismo, e di fatto apre le porte a un successivo e auspicato disimpegno militare anche della vicina Turchia che ha ottenuto dalla Russia alcune garanzie relative alla propria sicurezza nazionale e ha concordato con la Russia stessa l’unità politica e territoriale della Siria. Nel frattempo ci auguriamo continui – come sta avvenendo fin dal fallito golpe del 2016 – l’avvicinamento (progressivo, per quanto contraddittorio) di Ankara alle nazioni emergenti dell’area eurasiatica a scapito del campo atlantico, e che si normalizzino – come chiesto dalle forze kemaliste e comuniste turche, ma anche dalla Russia – le relazioni con Damasco nell’ottica dell’Accordo di Adana del 1998.

Il recupero della sovranità nazionale e l’integrità territoriale della Siria che dal 2011 erano minacciate dall’Occidente e dalle sue pedine sul posto, è un passo avanti verso il multipolarismo e la sicurezza globale, come da sempre auspicato dal nostro Partito che mai ha ceduto né all’idealismo di sinistra sul “Rojava” né all’indignazione a geometria variabile dei media mainstream che sulla Siria, in questi anni, si sono sprecate. Non ci interessa insomma la “reductio ad Hitlerum” di questo o quel leader di turno: importanti sono i fatti materiali e cioè che quanto da noi messo in conto fin dall’inizio della guerra imperialista e ribadito quando siamo scesi in piazza da soli con la sola comunità siriana (senza alcun altro Partito di sinistra con noi!) nel 2013 (esponendo lo striscione “No alla guerra” dal Castello di Bellinzona) sia ora in via di realizzazione.

In modo particolare va sottolineato che le aree ricche di petrolio e di risorse naturali (commerciate con Israele) del nord della Siria, che erano state occupate dalle truppe americane attraverso i loro alleati del cosiddetto “Rojava” sono ora finalmente ritornate sotto il controllo dell’esercito regolare e dunque del legittimo governo della Repubblica Araba Siriana. La guerra in Siria si appresta insomma a diventare il Vietnam del 21° secolo per l’Alleanza atlantica a trazione statunitense.

Sarebbe a questo punto un gesto di professionalità se le redazioni svizzere, soprattutto quelle pagate col canone, la smettessero di riprendere acriticamente le informazioni che arrivano dal cosiddetto “Osservatorio nazionale per i diritti umani in Siria” con sede a Londra che da anni opera una sistematica distorsione della realtà e dei ruoli delle parti coinvolte nel conflitto a uso delle agenzie stampa occidentali.

Una delegazione del Partito Comunista prossimamente intende incontrare le autorità diplomatiche siriane presso l’ONU a Ginevra per congratularsi per l’importante vittoria della nazione siriana e compirà i primi passi per formalizzare relazioni politiche anche con il Partito Socialista Arabo di Siria.

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