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Con il messaggio n. 7634 del 13 marzo scorso, il Consiglio di Stato ha presentato la propria strategia d’intervento per la rivalorizzazione degli edifici dismessi ubicati nelle regioni periferiche. Secondo lo studio “Aree di attività in Ticino” pubblicato dall’Accademia di architettura di Mendrisio nel 2016, gli edifici inattivi sarebbero poco di meno di duecento (187 per la precisione), di cui poco più di un centinaio (114) in cattivo stato. Come annota il Governo, “questi edifici si concentrano principalmente nel Bellinzonese e valli (40% del totale, in particolare in Leventina e Riviera)”. La strategia d’intervento proposta dal Consiglio di Stato si fonda essenzialmente sulla concessione di sussidi (a fondo perso o tramite mutui senza interessi), che possono giungere fino al 50% dei costi di studio e di realizzazione per progetti di rivitalizzazione degli edifici.

Tale strategia vuole rispondere alle sollecitazioni giunte dal parlamento (con l’approvazione della mozione Pini nel 2016) e dalla popolazione delle regioni periferiche (ricordiamo in particolare la petizione “Per il rilancio delle 3 valli e delle zone industriali dismesse salvaguardando i terreni agricoli del Ticino”, con la quale viene richiesta la realizzazione di un piano di sviluppo industriale per l’area della ex-Monteforno e di “utilizzare per tutti i progetti futuri a livello cantonale prioritariamente le zone industriali già esistenti”). Gli interventi proposti rischiano però di essere largamente insufficienti ed inappropriati: interpellato dal settimanale Il Caffè del 9 giugno 2019, l’architetto e vice-presidente della Società ticinese per l’arte e la natura (Stan) Benedetto Antonini ha affermato che “con i sussidi non si va da nessuna parte, il Cantone dovrebbe invece seguire l’esempio di Ginevra, diventare proprietario di questi immobili e gestirli secondo criteri di qualità e promozione economica”.

In effetti, la semplice erogazione di sussidi rischia da un lato di non essere affatto sufficiente ad attivare dei progetti di rivalorizzazione degli edifici dismessi, e dall’altro di lasciare ancora troppa libertà a progetti speculativi a basso valore aggiunto che non farebbero altro che impoverire ulteriormente il territorio senza dare alcuna prospettiva di sviluppo economico e sociale alle zone periferiche.

L’esempio di Ginevra mostra una via alternativa applicabile anche alla realtà ticinese: grazie alle disposizioni previste dalla Legge generale sulle zone di sviluppo industriale (Loi générale sur les zones de développement industriel del 13 dicembre 1984, articoli 8 e 9), lo Stato ha diritto di procedere all’esproprio dei terreni e degli edifici inutilizzati per più di 5 anni. La gestione pubblica di questo patrimonio immobiliare (che a Ginevra concerne la metà degli edifici legati alla manifattura) permetterebbe allo Stato di agire in prima persona come promotore di un rilancio industriale di queste proprietà, attirando imprese ad alto valore aggiunto e costruendo delle zone industriali coerenti e innovative.

Per queste ragioni chiediamo al Consiglio di Stato:

  • di elaborare una modifica legislativa che dia allo Stato gli strumenti giuridici per espropriare ed amministrare gli edifici industriali dismessi, sulla base del modello ginevrino sopracitato, così da essere promotore in prima persona di un rilancio economico sostenibile sia socialmente sia ecologicamente.

Massimiliano Ay e Lea Ferrari, deputati del Partito Comunista

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