Interveniamo per garantire borse di studio più eque!

Positivo è l'aumento del tetto massimo delle borse di studio fino a 20'000 franchi, ma negativo è l'aumento del frazionamento delle borse di studio al master in prestiti.

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Nel corso dell’ultima seduta di Gran Consiglio, il Parlamento si è espresso riguardo alle proposte contenute in una petizione del Sindacato Indipendente degli Studenti e Apprendisti, che richiedeva un rafforzamento delle borse di studio, e al rispettivo rapporto di maggioranza della Commissione Formazione e Cultura, la quale ha proposto di aumentare il tetto massimo delle borse di studio da 16’000 a 20’000 franchi, ma anche di aumentare il frazionamento delle borse di studio al master in prestiti fino a un minimo di 25%. Durante il dibattito è intervenuto anche il deputato del Partito Comunista Massimiliano Ay, che ha ribadito l’importanza del diritto allo studio, il quale deve essere garantito a tutti, senza distinzioni legate all’origine sociale dello studente. Il Partito Comunista si è infatti espresso favorevole alla prima proposta contenuta nel rapporto, ma contrario alla seconda misura, la quale va a pesare soltanto sulle spalle degli studenti provenienti dal ceto medio-basso e promuove l’indebitamento giovanile. Ecco qui di seguito il discorso integrale del deputato comunista Massimiliano Ay.


Presidente, Consigliere di Stato, Colleghe e Colleghi,

Intervenendo nell’ambito della discussione del Preventivo 2018 avevo affermato che di fronte ad una situazione finanziaria non più critica come negli anni passati (quantomeno stando a quello che la maggioranza di questo parlamento e il governo insisteva nel voler far credere con la politica delle “casse vuote”) sarebbe stato il caso di rafforzare il sostegno finanziario al diritto allo studio, riferendomi alla Legge sugli aiuti allo studio su cui in passato si è risparmiato in maniera inopportuna. E sempre in quell’occasione avevo ribadito la posizione del Partito Comunista volta ad abrogare la conversione delle borse di studio in prestiti, una scelta che avrebbe garantito una mobilità sociale maggiore.
Se il Consiglio di Stato prima delle elezioni è andato nella giusta direzione dando seguito almeno parzialmente a quanto rivendicato con la petizione lanciata oltre un anno fa dal Sindacato Indipendente degli Studenti e Apprendisti (SISA) e cioè perlomeno aumentando da 16’000 a 18’000 franchi il tetto massimo per gli aiuti allo studio e riducendo da un terzo a un decimo la quota di borsa da restituire allo Stato dopo un master, ora dobbiamo prendere atto che la Commissione si muove con la solita ambiguità, dove accanto a una condivisibile decisione relativa all’estensione di tale aumento fino a 20’000 franchi annui, si peggiora un altro aspetto, che non è affatto secondario.
Iniziamo col dire che siamo soddisfatti dell’aumento a 20’000 franchi, ma forse vale anche la pena ricordare che, non secondo il Partito Comunista, ma secondo l’Ufficio federale di statistica, il fabbisogno annuo di uno studente è di 25’000 franchi, quindi siamo comunque ancora al di sotto di questa cifra.
Nettamente contrari siamo invece all’aumento della quota di restituzione dei contributi ottenuti per un master, che sfiducia lo stesso governo cantonale, il quale vista la stabilità dei conti, aveva appunto deciso nell’aprile 2018 di andare per una volta in senso inverso.
La maggioranza borghese spinge insomma come sempre a identificare come privilegi quelli che invece sono diritti, giocando su termini quali “vantaggio personale” e facendo credere che, a chi beneficia di una borsa di studio, vada richiesta “una responsabilizzazione del prosieguo degli studi”. Responsabilizzazione che invece non va evidentemente richiesta a chi di soldi ne ha a sufficienza.
La Costituzione del nostro Paese sancisce il diritto allo studio, ma il diritto allo studio non esiste, come non esiste l’uguaglianza di possibilità, se lo Stato non interviene per sopperire alle iniquità cui molta parte della popolazione è confrontata nella nostra società. Questo, si badi bene, non è un principio comunista, era un principio dei primi liberali-radicali di questo Cantone.
Dice bene il SISA quando spiega nella sua recente presa di posizione che “al di là del fatto che gli studenti che richiedono una borsa non cercano regali da parte dello Stato ma semplicemente di far valere un proprio diritto”: la maggioranza dei commissari per contro non tiene conto del fatto che “non è per nulla scontato trovare un’occupazione stabile al termine degli studi universitari (specialmente in Ticino): il precariato e la disoccupazione sono tutt’altro che sconosciuti per i laureati ticinesi, che infatti sono sempre più spinti ad abbandonare la Svizzera italiana per cercare fortuna altrove. Vi è d’altra parte una crudele ironia in questa decisione: lo Stato spende decine (se non centinaia) di migliaia di franchi in campagne contro l’indebitamento giovanile, ma poi costringe egli stesso gli studenti universitari ad entrare sul mercato del lavoro con varie migliaia di franchi di debito sulle spalle”. Per il Partito Comunista non siamo solo di fronte al tentativo di creare un deterrente agli studi per le classi sociali medio basse, si tratta anche di indebitare per decine di migliaia di franchi degli studenti, i quali dal terzo anno di rimborso su sette previsti devono pure pagare gli interessi sull’importo ancora scoperto. Un’ipoteca sulla propria vita, che deve anche fare i conti con un mercato del lavoro come detto sempre più ostile e precario.
Secondo il rapporto, nel prossimo anno scolastico la quota di prestito obbligatorio aumenterebbe dal 10% al 25% della borsa di studio totale. Rispetto all’anno scolastico in corso, come indicato dalla VPOD, il peggioramento riguarda circa 500 studenti master. In un mondo del lavoro che richiede sempre maggior specializzazione per completare la formazione perché la vecchia laurea quadriennale è oggi equiparata all’intero ciclo di bachelor e – e non o – di master la scelta di colpire gli studenti è controproducente non solo dal punto di vista sociale, ma pure da quello economico!
Mi si permetta infine un cenno alla fastidiosa retorica moralista sulla “buona abitudine di svolgere qualche lavoretto a fianco del tempo trascorso sui banchi”: ma quale buona abitudine? Si deve parlare di necessità, perché altrimenti non si arriva a fine mese! A dover praticare questa buona abitudine sono solo gli studenti che non hanno sufficienti disponibilità finanziarie e provengono da famiglie di origine sociale più debole, questo è un modo retoricamente bello per legittimare e giustificare l’enorme disparità di classe che continuare ad attraversare questo paese e che non si vuole affrontare sul serio, neanche quando i soldi ci sono! C’è chi si può dedicare solo agli studi e chi no, chi deve pensare al proprio sostentamento, a far quadrare i conti e magari anche preoccuparsi del proprio indebitamento con lo Stato al termine dell’università con conseguenze anche sui risultati scolastici. La si finisca con il riempirsi la bocca di proclami sull’utilità dell’istruzione durante la campagna elettorale, se poi ogni volta che si potrebbe fare qualcosa – qualcosina! – per la democratizzazione degli studi si tira il freno a mano.
Avete visto che come Partito Comunista – ma non siamo gli unici – abbiamo presentato un emendamento nell’ottica di correggere il tiro su questo aspetto e permettere a questo Gran Consiglio di votare una riforma della Legge sugli aiuti allo studio che possa renderci orgogliosi di aver reso il nostro Cantone più equo e più solidale per le nuove generazioni che vogliono impegnarsi in ambito formativo. Sull’emendamento mi riservo il diritto di presentarlo in seguito.
Grazie per l’attenzione.

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