La fiducia nei vertici della Posta è compromessa e il Partito Comunista ha accusato già in giugno di avere a che fare con un’azienda letteralmente eversiva, che si prende gioco addirittura delle decisioni del parlamento a cui dovrebbe invece ubbidire!
La Posta è un servizio pubblico e come tale appartiene a tutti noi e non ai manager: non può fregarsene di quello che le istituzioni democratiche decidono, e qui ci riferiamo alla scellerata chiusura di uffici postali.
Nel caso di Autopostale siamo poi di fronte a manipolazioni contabili illegali per decine di milioni, già segnalate nel 2007 dal Sindacato Autonomo dei Postini: è quindi una situazione pesantissima!
Come Partito Comunista riteniamo che le logiche del profitto debbano stare lontano dai settori strategici dell’economia nazionale, come appunto le comunicazioni: un’azienda di diritto pubblico non deve sottostare al principio di redditività come se fosse privata e ora il dubbio che la contabilità a geometria variabile sia stata usata per smantellare gli uffici postali si fa grande!
La direttrice della Posta ha dimostrato di non essere all’altezza del proprio ruolo, danneggiando indirettamente anche la credibilità dello Stato, continuando peraltro a incassare bonus: se fosse stata una semplice buralista, la Posta l’avrebbe già licenziata senza troppi complimenti per negligenza!