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Il Partito Comunista si oppone fermamente al taglio delle pensioni dei dipendenti pubblici annunciato dall’Istituto di previdenza del Cantone Ticino (IPCT). La prevista riduzione del tasso di conversione si tradurrebbe in un taglio secco del 20% delle rendite a partire dal 1° gennaio 2024, che va ad aggiungersi al precedente taglio del 20% già avvenuto nel 2013. Non solo funzionari pubblici, ma anche docenti, assistenti di cura, educatori, poliziotti ed operai comunali: ecco chi sono i 16’000 assicurati dell’IPCT a cui nel giro di soli dieci anni verrebbe imposto una riduzione del 40% delle rendite del secondo pilastro.

La decisione adottata dal Consiglio d’amministrazione dell’IPCT è semplicemente inaccettabile, ma non stupisce a fronte del sistematico sottofinanziamento della cassa pensioni da parte dello Stato. Nemmeno il pacchetto da 700 milioni votato dal parlamento cantonale lo scorso aprile ha potuto modificare la situazione: come il PC aveva a suo tempo denunciato (votando poi contro il relativo rapporto commissionale), la scelta di finanziare il risanamento dell’IPCT attraverso l’emissione di obbligazioni si è rivelata fallimentare. Affidare al mercato il finanziamento delle pensioni non poteva e non può essere la soluzione ad un problema accumulato nell’arco di interi anni.

A fronte del drastico taglio delle rendite adottato dal CdA dell’IPCT, il PC sostiene dunque con convinzione la mobilitazione dei dipendenti pubblici in lotta per la difesa delle proprie pensioni e ribadisce la necessità di adottare urgentemente delle misure compensatorie a tutela degli assicurati dell’Istituto. Il Partito Comunista osserva però con altrettanta preoccupazione l’emergere di tendenze volte a rompere l’unità sindacale in favore di sigle costituite ad hoc per indebolire le organizzazioni dei lavoratori: questa lotta può essere vinta unicamente con una mobilitazione sì combattiva, ma anche coesa ed unitaria.

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