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Per acquistare merci e servizi offerti dallo Stato e dai privati in forma digitale, sempre più spesso viene richiesta l’emissione di un’apposita identità elettronica. Proprio nell’ottica di regolamentare l’identificazione delle persone su internet, il 27 settembre 2019 le Camere federali hanno approvato la Legge federale sui servizi d’identificazione elettronica (Legge sull’Ie). Contro questa decisione il fronte progressista ha lanciato tuttavia un referendum, sul quale andremo a votare il prossimo 7 marzo e che, per le motivazioni seguenti, il Partito Comunista invita a sostenere anche alle urne.

Con questa nuova legge, il rilascio dei mezzi d’identificazione sarà affidato infatti a società private (banche, assicurazioni, ecc.), alimentando un rischio concreto di abusi e di sottrazione di dati personali sensibili. In questo contesto, la Confederazione si limiterebbe inoltre ad assolvere le funzioni di verifica dell’identità e di vigilanza sui fornitori privati, senza che le necessarie prerogative di controllo pubblico e democratico su tale servizio vengano garantite. Conseguentemente, riteniamo che il rilascio dei documenti d’identità anche in formato digitale non possa essere in alcun modo asservito agli interessi del mercato, ma debba essere piuttosto di piena competenza dello Stato. Già oggi l’analoga tecnologia della firma elettronica viene implementata in alcuni paesi direttamente da un ente statale, come è il caso in Francia. Ciò a dimostrazione del fatto che un controllo pubblico diretto di queste tecnologie è senza dubbio attuabile.

Per quanto l’esigenza di un adeguamento legislativo al progresso tecnologico in questo ambito sia a determinate condizioni condivisa, il Partito Comunista invita pertanto a respingere con decisione l’oggetto in votazione, il quale finirebbe soltanto per deresponsabilizzare lo Stato da un fondamentale compito di valenza istituzionale e per mettere a repentaglio la protezione dei dati della cittadinanza.

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