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Importante affermazione elettorale della sinistra in Bolivia e Argentina!
Di recente l’America latina è stata protagonista non solo di un ampio movimento popolare che sta mettendo a dura prova i governi neo-liberisti di Ecuador e Cile, sottomessi ai diktat degli Stati Uniti, ma anche di due importanti vittorie per le forze progressiste e anti-imperialiste che rimettono in marcia il processo di integrazione bolivariana in Bolivia e Argentina. Anche l’Uruguay, peraltro, vede il candidato del Fronte Ampio di sinistra, Daniel Martínez, in vantaggio in vista del ballottaggio di novembre.

Il Partito Comunista si felicita anzitutto con il compagno Evo Morales, rieletto presidente dello Stato Plurinazionale di Bolivia e ne sostiene l’azione politica volta a migliorare le condizioni sociali della popolazione nonché a consolidare la piena indipendenza del Paese rispetto ai diktat degli Stati Uniti e delle multinazionali occidentali. Non è un caso se, subito dopo il verdetto delle urne, siano iniziati puntuali movimenti violenti contro gli organi costituzionali, propedeutici al colpo di stato nel pieno rispetto del solito copione della Casa Bianca. Ci possiamo attendere ora che, da un giorno all’altro, anche i nostri media definiranno Evo Morales un “dittatore” nonostante la sua rielezione sia avvenuta in modo limpido e secondo dettami liberal-democratici.

L’elezione in Argentina di Alberto Fèrnandez, peronista di sinistra alleato al Partito Comunista dell’Argentina, è storica per il Paese: non solo avviene fin dal primo turno, surclassando l’attuale presidente della destra economica filo-atlantica Mauricio Macri, ma non era mai successo prima d’ora che il presidente in carica non venisse riconfermato. Il dato che però ci riguarda più da vicino è il seguente: Fernandez potrebbe infatti rimettere in discussione le relazioni commerciali fra l’Europa e il Mercosur reputate giustamente in contrasto con gli interessi dei lavoratori argentini e dell’economia locale.

In Bolivia, Argentina e presto in Uruguay si prosegue insomma la via di una maggiore integrazione latinoamericana e in prospettiva del socialismo bolivariano come insegnano Cuba, Venezuela e Nicaragua. La stessa via da cui i governi cileno ed ecuadoriano hanno tentato di deviare confrontandosi oggi con la rabbia popolare.

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