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1. Prima si sono svuotati gli arsenali europei per prolungare la guerra in Ucraina, poi si sono chiusi gli occhi permettendo a Israele di completare la sua pulizia etnica, dopodiché – proprio il giorno prima delle elezioni a Taiwan – si attacca lo Yemen. Bloccando il passaggio del canale di Suez e bombardando lo Yemen l’imperialismo atlantico getta benzina sul fuoco e agisce con l’intento di scatenare una guerra nel Mar Rosso. Appare infatti ovvio che si stia facendo di tutto da parte occidentale per costringere russi, cinesi, iraniani a reagire drasticamente.

2. Gli Stati Uniti e la Gran Bretagna, così come gli Stati membri della NATO, sono consapevoli che per mantenere la propria egemonia unipolare di stampo neo-coloniale sul mondo sia necessario frenare lo sviluppo economico dei paesi emergenti che ambiscono al multipolarismo. In particolare si tratta di tutelare gli interessi del commercio marittimo israeliano e di indebolire l’integrazione economica e politica dell’Eurasia. Dal punto di vista atlantico appare necessario aprire quindi nuovi fronti di guerra ed impegnare militarmente la Russia e la Cina. Così va letta la scelta da parte occidentale di rinunciare a ogni tentativo di de-escalation: l’approccio è anzi sistematicamente volto ad esasperare i toni, impedire ogni forma di trattativa ed estendere la guerra.

3. Le scelte della Svizzera si stanno rivelando tutte drammaticamente sbagliate. A partire dalla sottomissione ai diktat dell’UE e degli USA adottando sanzioni anti-russe (inutili e controproducenti), fino ad arrivare al recente “golpe della NATO” contro l’ambasciatore Jean-Daniel Ruch che ha portato il Consiglio federale a nominare al suo posto il brigadiere atlantista Markus Mäder quale Segretario di Stato per la Politica di Sicurezza. Non parliamo poi dell’atteggiamento vergognosamente di parte a favore di Israele e contro la Palestina, della corsa al riarmo per vincolare ulteriormente l’esercito svizzero alla NATO e del rinnovo della partecipazione alla missione militare NATO in Kosovo. I circoli “svendipatria” che si aggirano a Palazzo Federale stanno insomma vincendo la loro lotta interna per rottamare del tutto le nostra neutralità: la sinistra risulta assente e la destra sedicente nazionalista è più spaccata e incoerente di quello che si creda.

4. La tensione sale pericolosamente anche nella penisola coreana: la Corea del Sud ha minacciato una “riunificazione tramite assorbimento” e “sotto il sistema liberale” della Corea del Nord. Una provocazione che ha sancito in risposta l’abbandono della prospettiva di riunificazione pacifica su base confederale. Basterebbero solo delle scintille nell’Indo-Pacifico per far scoppiare una devastante guerra di ben maggiori dimensioni. Mai come oggi tali rischi potrebbero essere dietro l’angolo. In momenti come questi i comunisti devono essere all’avanguardia del movimento per la pace. Nostro compito è difendere la sovranità e la neutralità della Svizzera in ogni ambito e con chiunque, anche di destra, sia d’accordo con noi: ne va della nostra sicurezza e della pace! Concretamente questo significa:

• Ribadire l’assoluta centralità della difesa della neutralità integrale della Svizzera non solo come perno dell’indipendenza politica della Confederazione ma anche come unico modo per costruire una prospettiva socialista nel nostro Paese. Oggi più che mai la neutralità garantisce la sovranità, senza la quale è esclusa qualsivoglia trasformazione sociale. Si tratta quindi di: (a) raccogliere ancora più firme possibili per l’iniziativa popolare “Salvaguardia della neutralità svizzera”; (b) promuovere ovunque, dai sindacati ai gruppi dei consigli comunali, l’appello per un sostegno di sinistra alla suddetta iniziativa popolare; (c) sostenere il Movimento Svizzero per la Pace nella sua volontà di mobilitarsi in sintonia con la linea del World Peace Council; (d) agire nelle scuole per impedire ogni forma di indottrinamento atlantista, bellicista od ostile alla neutralità e promuovendo anche il servizio civile sostitutivo al servizio militare; (e) strutturare meglio il nostro lavoro internazionale intensificando le relazioni con i partiti comunisti, operai e patriottici dei paesi emergenti e sviluppando forme di cooperazione anche sul piano accademico e culturale.

• Coscienti dell’irriformabilità di un’UE ormai prona agli interessi degli USA e ancella della NATO, occorre dare un seguito alla campagna “No UE – No NATO” delle scorse elezioni federali costituendo un fronte unito per la neutralità e il lavoro aperto a tutti coloro che, pur non essendo comunisti, sono disposti a collaborare con noi su queste due priorità, consapevoli che (a) opporsi all’UE significa difendere i diritti del lavoro e lottare contro le liberalizzazioni dei nostri servizi pubblici; (b) opporsi alla NATO significa frenare la corsa al riarmo, restituire dignità alla nostra diplomazia ma anche riallocare le risorse a favore della cooperazione economica con le nazioni emergenti invece che della guerra.

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