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Nel corso dell’estate è giunto sui banchi del Gran Consiglio il messaggio governativo n. 8302, relativo al risanamento dell’Istituto di previdenza del Cantone Ticino (IPCT). Esso è frutto di un’intesa raggiunta a fine maggio tra i sindacati ed il governo cantonale, grazie a cui sono state concordate delle misure di compensazione per evitare il crollo delle rendite pensionistiche dei dipendenti pubblici causato dalla riduzione del tasso di conversione stabilito in primavera dal CdA dell’IPCT.

Il Comitato centrale (CC) del Partito Comunista ha discusso i contenuti di tale intesa durante la sua seduta del 9 settembre. Benché la prospettiva tracciata dal messaggio governativo non sia esaltante, il CC ha deciso di sostenerlo in sede parlamentare, dando indicazione in tal senso alla propria deputazione. L’aumento dei prelievi sulla massa salariale e la riduzione delle pensioni appaiono infatti relativamente contenuti: se fino ad alcuni mesi fa veniva prospettato un taglio delle rendite nella misura del 20%, l’intesa raggiunta ha permesso di limitarlo al 2% circa. Il nostro Partito si allinea dunque alla posizione assunta dai sindacati (ed in particolare dalla VPOD) nelle ultime settimane, nella consapevolezza che l’attuale situazione politica non permette di ottenere conquiste maggiori rispetto a quelle negoziate con il governo.

Il CC ha discusso anche dello stato del movimento sviluppatosi lo scorso anno in opposizione al taglio delle pensioni, e più in particolare dell’attività della Rete per la Difesa delle Pensioni (RDP). Organizzazione nata lo scorso autunno per favorire la mobilitazione dei dipendenti pubblici, la RDP è riuscita a coinvolgere un grande numero di persone e ad influire positivamente sui rapporti di forza, contribuendo ad ottenere dal governo delle misure di compensazione sufficienti. In questa fase, le contraddizioni insite in tale struttura stanno però emergendo con sempre maggiore chiarezza: i dirigenti del Movimento per il socialismo (MPS) che hanno agito fin dall’inizio dietro le quinte della RDP stanno ora spingendo per alzare il tiro del movimento verso degli obiettivi oggi irrealizzabili.

Promuovendo una strategia basata sullo slogan “o tutto, o niente”, MPS sta strumentalizzando la RDP ed i suoi simpatizzanti per i propri scopi, senza fare realmente gli interessi dei dipendenti pubblici. La piattaforma adottata in vista della manifestazione del 18 ottobre è sintomatica di questa deriva: criticando il messaggio governativo e lanciando rivendicazioni prive di qualunque possibilità di essere accolte, RDP non tiene conto del contesto attuale e della necessità di mettere in sicurezza le rendite pensionistiche prima di avanzare nuove richieste. Occorre ricordare che la destra liberista ha già annunciato il referendum e che la campagna di votazione sarà caratterizzata da una dura retorica contro i “fuchi di Stato” che sarà difficile contrastare.

L’atteggiamento antisindacale di MPS si sta peraltro riflettendo direttamente sull’attività di RDP, che ha avviato una sua campagna di tesseramento che altro non fa che accrescere la sfiducia nel sindacato e favorisce la disorganizzazione dei dipendenti pubblici. Il PC ha per contro da tempo scelto la linea dell’unità sindacale nel quadro delle federazioni dell’Unione sindacale svizzera (USS), cercando di agire per rafforzare e rilanciare le strutture sindacali esistenti, invece di indebolirle con critiche sterili che spesso non fanno altro che il gioco dei partiti borghesi che intendono invece ridurre i diritti dei lavoratori e delle lavoratrici.

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