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Il Partito Comunista ha inviato una lettera al Consigliere federale Alain Berset, chiedendo che, alla luce dell’esperienza della pandemia, si traggano i necessari insegnamenti e si proceda con l’istituzione di un Istituto sieroterapico e vaccinogeno pubblico: senza un tale istituto, la salute pubblica e la normale vita economica e culturale non possono essere garantite a lungo termine. È tanto più importante che l’intera catena di produzione dei vaccini – non solo contro i coronavirus, ma anche contro molti altri pericolosi agenti patogeni – sia organizzata dallo Stato in modo mirato.

La Svizzera ha tutte le premesse per diventare un hotspot per la produzione di vaccini nel mondo: importanti garanzie finanziarie (compresi i profitti della Banca Nazionale), eccezionali capacità scientifiche e di personale, una forte performance economica, un’industria farmaceutica leader sul piano internazionale e una tradizione nello sviluppo di vaccini che risale a più di cento anni fa. Un istituto vaccinologico statale ben funzionante sarebbe stato in grado, per esempio, di fornire ed esportare vaccini contro il Covid-19, non solo per la Svizzera ma anche per gran parte del mondo. Invece si è dovuto acquistare a costi elevati vaccini stranieri (Pfizer BioNTech, Moderna).
La medesima missiva è stata sottoscritta anche dal Partito Comunista Ginevrino e dal Partito del Lavoro di Basilea.
Ricordiamo inoltre che nel Gran Consiglio ticinese è pendente una interrogazione (link), firmata oltre che dai nostri deputati Massimiliano Ay e Lea Ferrari anche dai granconsiglieri Tiziano Galeazzi (UDC) ed Eolo Alberti (Lega), che chiede una diversificazione dei vaccini contro il COVID-19.
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