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Di fronte alla notizia secondo cui le casse malati non vorrebbero pagare i test per il coronavirus, opponendosi così alla decisione della Confederazione di sottoporre queste analisi all’assicurazione di base, il Partito Comunista ribadisce che occorre, una volta per tutte, che si insegni ai “cassamalatari” che fanno profitti sulle spalle dei malati di stare al proprio posto e ubbidire senza fiatare alle disposizioni politiche atte a garantire la sicurezza sanitaria collettiva del Paese. Ciò detto, contestiamo il fatto che la partecipazione ai costi da parte dei pazienti (franchigia e quota parte) venga tuttavia richiesta: in una situazione del genere lo Stato dovrebbe imporre alle casse malati molto di più rispetto a quanto deciso.

Riteniamo vergognoso che si permetta a manager privi di senso civico di minacciare di aumentare i premi dell’assicurazione malattia ai cittadini se il governo non dovesse ritornare sui propri passi: questo è un ricatto contro lo Stato che non possiamo tollerare! La mancanza di responsabilità sociale e di etica delle casse malati già emersa in altre occasioni e ora chiara più che mai nel contesto di una crisi sanitaria come quella in corso e dimostra una volta di più che occorre nazionalizzare la sanità e costituire quindi una cassa malati unica, pubblica e con i premi proporzionali a reddito e sostanza. Senza questa riforma, casi di medicamenti anti-tumorali non rimborsati e forme di sabotaggio da parte degli assicuratori privati alla strategia sanitaria della Confederazione purtroppo potranno solo ripetersi.

In ottica futura ci auguriamo che il Consiglio Federale faccia uso della facoltà che gli è concessa dall’art. 32 della Legge sui brevetti e proceda all’esproprio del brevetto sull’eventuale prossimo vaccino contro il COVID-19 ai fini di una produzione e distribuzione da parte direttamente della Confederazione: l’interesse pubblico in questo caso è evidente e deve essere preponderante rispetto ai dogmi del capitalismo.

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