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La Gioventù Comunista ha preso atto dello studio pubblicato settimana scorsa dal governo ticinese relativamente alla situazione di povertà fra i giovani. La nostra è una società capitalista in cui le differenze di classe si riproducono in continuazione, finché non vi è un’azione collettiva dei lavoratori e degli studenti per stravolgere le priorità politiche del Paese. Quello che emerge dallo studio è infatti un quadro desolante, per rispondere al quale occorre sviluppare una politica di opposizione che non sia però sloganistica, ma concreta.

Mentre ancora durante l’ultima seduta del parlamento i fautori di “prima i nostri” (che poi votano però contro i salari minimi, le misure accompagnatorie e l’estensione dei contratti normali di lavoro) hanno tentato di illudere i cittadini, il dato è che – frontalieri o meno – l’origine di classe dei giovani continua a influenzare il loro successo scolastico e professionale e lo Stato, al posto di intervenire per equilibrare queste discriminazioni sociali, taglia sulle borse di studio, come ha giustamente denunciato di recente il sindacato studentesco (leggi).

A tal proposito, recentemente il deputato in Gran Consiglio Massimiliano Ay (Partito Comunista) ha depositato degli atti parlamentari concreti in cui si chiede che il Canton Ticino imposti non solo una strategia per prevenire il fenomeno dell’abbandono scolastico, ma che anzi valuti di estendere l’obbligo scolastico fino ai 18 anni e abolisca finalmente il numero chiuso per il “corso passerella” al liceo per quegli apprendisti che desiderano continuare gli studi. Sono proposte atte a mitigare il vincolo fra origine sociale sfavorita e insuccesso scolastico.

La Gioventù Comunista si augura che la popolazione si renda conto della precaria situazione giovanile e dia a questa problematica il peso che merita.

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