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L’iniziativa popolare “per un servizio civico” intende affrontare la crisi del sistema di milizia svizzero generalizzando l’obbligo di leva. Si tratta di una proposta che viene presentata con toni ed argomenti seducenti, quali la parità fra i sessi, la coesione nazionale e la promozione dell’impegno civile, ma che in realtà nasconde numerose insidie.

L’iniziativa prevede di introdurre nella Costituzione federale il principio del “servizio civico”, in base al quale tutte le “persone di cittadinanza svizzera prestano un servizio a beneficio della collettività e dell’ambiente”. Nel capoverso seguente, si precisa che esso “viene svolto sotto forma di servizio militare o di un altro servizio di milizia equivalente riconosciuto dalla legge”, come il servizio civile (SC) o la Protezione Civile (PCi), dando tuttavia priorità alle esigenze dell’esercito. In sintesi, l’iniziativa prevede quindi l’estensione dell’obbligo di leva a tutta la popolazione elvetica, donne e stranieri (!) compresi, garantendo in tal modo gli effettivi di un esercito già sovradimensionato.

L’ex-capo dell’esercito svizzero, l’atlantista Philippe Rebord, ha ammesso che con l’accettazione dell’iniziativa “si passerebbe da 35’000 a 70’000 potenziali coscritti. L’esercito avrebbe dunque più scelta”. In pratica questa iniziativa usa delle belle parole altruiste ma in realtà mira a favorire la scellerata corsa al riarmo e ambisce a militarizzare ulteriormente la società svizzera, esattamente come pretendono l’UE e la NATO (ma questo i promotori ovviamente si guardano bene dal dirlo).

Questa iniziativa alimenterà inoltre il dumping salariale: gli astretti al “servizio civico” non reclutati nell’esercito, infatti, verrebbero impiegati in ambiti di pubblica utilità andando così a creare enormi ulteriori pressioni nel mercato del lavoro. La carenza di personale in settori come quello sociosanitario o educativo verrebbe compensato da migliaia di giovani poco formati e sottopagati, giustificando così un minore investimento pubblico in queste strutture ed alimentando il dumping salariale a danno dei lavoratori: ecco perché il think tank neoliberista “AvenirSuisse” sostiene l’iniziativa, ed ecco perché il Partito Comunista invece la respinge con forza!

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