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Dopo aver umiliato a più riprese la neutralità svizzera, ora il Dipartimento federale degli affari esteri (DFAE) intende snellire la propria rete esterna. E lo fa nel momento peggiore, quando cioè la politica estera e la diplomazia tornano ad assumere un ruolo di primaria importanza nell’agenda politica internazionale a causa del declino del sistema atlantico e dell’affermarsi di un mondo multipolare.

In questo contesto di transizione geopolitica e geoeconomica, un paese neutrale come il nostro dovrebbe avere la lungimiranza di cogliere l’opportunità di rafforzare il proprio prestigio internazionale favorendo la mediazione nei conflitti, fungendo da ponte fra l’Occidente e l’Eurasia e i BRICS e invece il Consiglio federale prima si allinea alla politica estera dell’UE a sua volta piegata ai diktat degli USA, poi intensifica la subordinazione del nostro esercito alla NATO, e infine smantella l’Ambasciata svizzera in Bolivia (compresi i servizi consolari ad essa annessi) e addirittura valuta di chiudere il Consolato generale svizzero di Chengdu in Cina. L’America latina e la Cina sono aree di importanza strategica anche economicamente e commercialmente in cui la diplomazia svizzera dovrebbe intensificare il proprio lavoro, non disimpegnarsi!

Tali misure peraltro fanno parte di un programma di austerità che comporterà altre misure di risparmio in ambito diplomatico per circa 60 milioni di franchi e che si va ad aggiungere al netto peggioramento dei servizi consolari per i nostri concittadini all’estero che dura già da tempo e che riguarda anche i consolati in Europa. Uno dei punti che il Partito Comunista, attraverso la sua lista “No UE – No NATO”, solleverà durante la campagna elettorale per il rinnovo del Consiglio Nazionale e del Consiglio degli Stati sarà proprio di restituire prestigio e risorse al nostro corpo diplomatico e consolare!

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