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Il prossimo 18 giugno 2023 saremo chiamati a esprimerci sulla modifica della legge COVID-19 del 16 dicembre 2022, che chiede di prorogare sino a fine giugno 2024 una serie di misure previste dalla base legale attualmente in vigore. Tra di esse figura la possibilità di rendere disponibili nuovi medicamenti che prevengono un decorso della malattia anche se non ancora omologati in Svizzera, di continuare a rilasciare un certificato COVID-19 e di obbligare i datori di lavoro a proteggere le persone più a rischio, ad esempio consentendo loro di lavorare da casa. Qualora la proroga dovesse essere respinta dal popolo, le disposizioni previste andranno a decadere a metà dicembre 2023.

Posto che la Confederazione ha già dichiarato la fine della pandemia (così come ormai anche l’Organizzazione Mondiale della Sanità – OMS) e revocato tutte le restrizioni, la proroga di alcuni provvedimenti in vista di un ipotetico deterioramento del quadro sanitario rischia di implicare un trasferimento di poteri al Consiglio federale oltremodo ampio, prematuro ed evitabile. In questo contesto, il Partito Comunista non nasconde una crescente preoccupazione rispetto al pericolo di improntare il nostro ordinamento a logiche emergenziali, che tendono a rimettere in discussione il primato del Parlamento e le procedure istituzionali ordinarie. Considerato che in questo caso una delega parlamentare più stretta avrebbe potuto peraltro meglio inquadrare a priori l’attività governativa, vi è perciò il timore di fondo che il protrarsi di situazioni di squilibrio istituzionale venga ad oggi accolto in maniera eccessivamente acritica e non risulti sempre del tutto giustificato.

Del resto, per quanto alcune misure possano risultare condivisibili (e nel caso potranno comunque essere ancora emanate al momento opportuno), ve ne sono altre la cui controversia avrebbe dovuto imporre una maggiore attenzione quanto alla delega accordata al Governo: ciò è in particolare il caso del Certificato COVID, una cui diretta introduzione non è stata di principio esclusa e sulla cui estensione avevamo già espresso delle criticità nel 2021, soprattutto qualora fosse andato a intaccare diritti fondamentali come l’istruzione e determinate garanzie di tutela sul posto di lavoro.

Detto ciò, sorgono anche degli interrogativi sul motivo per cui diversi provvedimenti più interessanti non sono stati prorogati, come quelli relativi al sostegno economico, ai casi di rigore, alle indennità per perdita di guadagno, alle indennità per lavoro ridotto e all’assunzione dei costi dei test da parte della Confederazione; un’esclusione, questa, che in presenza di un certificato COVID e data la recente giurisprudenza del Tribunale federale potrebbe essere problematica anche dal profilo legale.

Sulla scorta delle motivazioni esposte, consapevole che in caso di necessità una proroga di alcune disposizioni potrebbe garantire una maggiore legittimità all’operato del Consiglio federale ma anche dell’ampiezza e dell’inattualità della delega proposta, il Partito Comunista intende pertanto lanciare un chiaro segnale politico e invita la popolazione a votare NO alla modifica della legge COVID-19.

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