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1. Esprimiamo grande preoccupazione per la decisione del governo della Federazione Russa di procedere con un’operazione militare sul territorio dell’Ucraina, andando così ben oltre le repubbliche del Donbass con cui da anni siamo solidali. Durante il presidio contro la guerra tenutosi a Bellinzona lo scorso 19 febbraio avevamo chiarito che la tensione era alta e che qualsiasi decisione Mosca avesse preso, sarebbe stata condannata: se non interveniva, l’esercito ucraino avrebbe continuato la pulizia etnica nel Donbass; ma se interveniva – come poi è stato deciso – sarebbe stata accusata di voler occupare un paese sovrano. Gli USA, rifornendo di armi l’esercito ucraino nella sua guerra contro la popolazione russa del Donbass, avevano l’intento di creare un casus belli. Mosca, non potendo sottostare a minacce nucleari occidentali e dovendo evitare l’accerchiamento del suo territorio, ha reagito, prima riconoscendo le due repubbliche popolari di Lugansk e di Donetzk bombardate dall’Ucraina e poi intervenendo direttamente contro il regime di Kiev per smilitarizzarlo, denazificarlo e fermarne i massacri sui civili nel Donbass.

2. Seppur conscio di questa difficile situazione, il Comitato Centrale del Partito Comunista si oppone alla guerra come strumento per risolvere contenziosi internazionali e chiede l’immediato cessate il fuoco. Rifiutiamo tuttavia la teoria della cosiddetta “equidistanza” che pone la Federazione Russa sullo stesso piano delle forze imperialiste guidate dagli USA e dai suoi partner europei, che questa guerra l’hanno voluta e preparata. Quest’ultima va letta infatti nel contesto dell’epoca storica in cui viviamo, la cui contraddizione principale vede l’unipolarismo euro-atlantico in declino confliggere attivamente con l’emergere inesorabile dell’Eurasia e del multipolarismo.

3. Occorre sottolineare che tutto iniziò nel 2014, quando l’allora presidente ucraino Viktor Yanukovych decise di non cedere al ricatto di firmare il trattato di pre-adesione dell’Ucraina all’UE. Questa legittima decisione provocò un golpe violento, eterodiretto e dai tratti apertamente nazifascisti. Il movimento cosiddetto di “Euromaidan” appoggiato mediaticamente, politicamente e militarmente dall’imperialismo atlantico rovesciò il governo ucraino, mise al bando il Partito Comunista dell’Ucraina (una forza politica con oltre 30 deputati e il 13% dei consensi), diede fuoco alla Casa dei Sindacati di Odessa assassinando sindacalisti e lavoratori, fra cui anche dei minorenni, impose leggi razziali ai danni della popolazione russa e iniziò un’offensiva militare contro le regioni del Donbass. Da allora l’Ucraina è tornata sotto controllo di USA e UE con l’intenzione di inglobarla nella sfera di influenza della NATO. Dimenticarsi questi antefatti impedisce di comprendere le cause della situazione attuale e, in questo modo, di concretizzare una soluzione rispettosa dei legittimi interessi in gioco e perciò effettivamente a favore della pace. Il regime ucraino, spalleggiato dalla NATO, ha fin da subito rifiutato ogni negoziato che riconoscesse diritti alla popolazione russa sabotando in questo modo gli accordi di Minsk e, anzi, ha pure minacciato di dotarsi di armi nucleari in violazione del Memorandum di Budapest. L’attuale esacerbarsi del conflitto in Ucraina ha però cause ancora più lontane che sono afferenti alla strategia bellicista degli USA e dell’UE. Tale strategia, con il crollo del campo socialista e dell’Unione Sovietica, favoriva non solo una corsa al riarmo nei paesi dell’Europa dell’Est ma soprattutto il continuo espansionismo della NATO a ridosso delle frontiere russe. L’impegno preso nel 1991 dagli USA a non espandere la NATO a Est coinvolgendovi i paesi dell’ex-Patto di Varsavia è stato infatti più volte disatteso e Washington ha installato in Romania e Polonia proprie basi militari con missili strategici puntati contro la Russia, costituendo di fatto una minaccia non solo alla sicurezza nazionale russa ma, in generale, a tutta l’area euroasiatica, frenandone così il processo di integrazione economica e politica.

4. Il Comitato Centrale del Partito Comunista ritiene urgente proclamare ora un cessate il fuoco, riaprire immediatamente una negoziazione per trovare una soluzione politica al conflitto in corso che sta già costando troppe vite umane e iniziare il disarmo del paese su base di reciprocità. In questo senso invitiamo il governo svizzero a mettere a disposizione i propri buoni uffici per favorire la distensione e ricostruire il dialogo fra le parti, a tutto vantaggio della sicurezza comune: si valuti, in tal senso, di offrire una località svizzera per queste trattative che sono nell’interesse di noi tutti. Da parte nostra avvieremo anche colloqui con il Partito Comunista della Federazione Russa, con il Partito Comunista dell’Ucraina e con il Partito Comunista della Repubblica Popolare di Donetzk sostenendone le iniziative umanitarie.

5. Nell’interesse del nostro Paese e del popolo svizzero occorre attenersi al principio della neutralità senza farsi condizionare dagli interessi di UE e USA che fino all’ultimo hanno soffiato sul fuoco della russofobia e hanno costretto l’Ucraina a provocare la Russia fino alle estreme conseguenze. La neutralità imporrebbe alla Svizzera di definire la mossa di Mosca come un atto contrario al diritto internazionale e una violazione della sovranità ucraina, senza però dimenticarsi di condannare la repressione in corso da 8 anni contro il popolo russo nel Donbass e la continua violazione – da parte del regime ucraino – degli accordi di Minsk. Allo stesso modo consideriamo un grave errore l’allinearsi della Svizzera alle sanzioni decise unilateralmente dall’UE contro la Russia senza aver mai preso posizioni simili, nemmeno a seguito del golpe del 2014, contro il regime di Kiev e i suoi efferati crimini di guerra perpetrati contro i civili nel Donbass anche con l’ausilio di squadracce nazifasciste. Imporre sanzioni e nel contempo offrirsi quali mediatori per riaprire il dialogo appare quantomeno complicato.

6. Deploriamo non solo la scelta irresponsabile del regime ucraino di distribuire armi ai civili rendendoli in questo modo potenziali bersagli, ma anche l’invio di armamenti all’Ucraina da parte dei paesi occidentali: un’operazione che ha l’unico scopo di aumentare le tensioni e gli spargimenti di sangue. Auspichiamo infine che, almeno nei media svizzeri, si interrompa subito l’informazione grossolanamente unilaterale e superficiale che altro non fa che legittimare una cultura bellicista e russofoba.

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