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Il prossimo 13 giugno saremo chiamati ad esprimerci sulla Legge federale sulle basi legali delle ordinanze del Consiglio federale volte a far fronte all’epidemia di COVID-19, comunemente chiamata Legge Covid-19, contro la quale è stato indetto con successo un referendum. Nonostante questa legge preveda alcune criticità e debolezze, il Partito Comunista (PC) è convinto che nel complesso essa possa essere approvata ed invita dunque a votare Sì.

Occorre, innanzitutto, sottolineare che il PC è cosciente del fatto che non è affatto auspicabile che un governo retto dalle forze politiche borghesi accentri su di sé troppi poteri. In tal senso, già in seguito alla prima ondata pandemica il PC aveva potuto riscontrare che non vi era stato però un reale pericolo di svolta autoritaria nel nostro Paese, ma aveva espresso la necessità di vigilare affinché la pandemia non venisse utilizzata per diminuire i diritti politici, sociali e sindacali dei cittadini svizzeri. Anche la Legge Covid-19 va dunque analizzata partendo da questi presupposti.

In quest’ottica, l’art. 1 della legge chiarisce che l’esecutivo deve agire sempre con la procedura legislativa ordinaria o d’urgenza e soltanto se i tempi sono particolarmente stretti e dettati dall’emergenza può far capo alla Legge Covid. Viene inoltre tutelato il coinvolgimento delle parti sociali e delle commissioni parlamentari: aspetto questo ritenuto importante dal Partito Comunista. Anche i diritti democratici, seppure in modo troppo debole, vengono tutelati, in modo particolare all’Art.2.

La Legge Covid-19 contiene inoltre delle disposizioni a favore del lavoro e dei diritti dei lavoratori, seppure anche queste siano ancora insufficienti e vadano rafforzate. Alcune disposizioni, come l’Art. 3 dedicato ai provvedimenti nel settore dell’assistenza sanitaria, hanno poi un carattere progressivo: questo articolo prevede infatti la confisca di materiale e strutture sanitarie e l’intervento statale nel commercio diretto. Proposte, queste ultime, rivendicate proprio dal Partito Comunista nei mesi scorsi.

Insomma, la Legge Covid-19 andrebbe migliorata dal punto di vista sociale, ma è tutto sommato accettabile e può dunque essere approvata. Il PC ci tiene però a ribadire che un eccessivo accentramento del potere nelle mani dell’esecutivo e una conseguente esautorazione del potere legislativo non è opportuna, ed è dunque importante garantire l’operatività dei parlamenti, su tutti i livelli istituzionali. È poi fondamentale garantire i diritti politici della popolazione, in modo particolare per quel che riguarda il diritto a manifestare (ad esempio in ambito sindacale) e la possibilità di raccogliere firme per referendum ed iniziative popolari, i quali negli ultimi mesi sono stati messi a dura prova a causa delle misure sanitarie (è insomma per questo che l’Art. 2 della Legge Covid-19 è da ritenersi insufficiente). La pandemia non deve inoltre essere una scusa per i partiti al governo per diminuire i diritti dei lavoratori: è in tal senso, ad esempio, che il Partito Comunista ha rivendicato che le spese legate al telelavoro vengano prese a carico dalla parte padronale.

In conclusione, il Partito Comunista ci tiene a ribadire la necessità di uscire dal lockdown con una strategia chiara e coerente, perché un lockdown prolungato in regime di libero mercato favorisce solo la concentrazione di capitale e le multinazionali. Per andare in tale direzione occorre anche una ben strutturata strategia vaccinale, la quale viene attualmente impedita a causa di un’inaccettabile sottomissione agli interessi atlantici di UE e Stati Uniti. La lotta alla pandemia deve quindi essere oggetto di una collaborazione fra gli Stati e le logiche imperialiste non devono prevalere. È per questo motivo che il PC ha rivendicato una diversificazione dei vaccini, ma anche l’istituzione di un Istituto sieroterapico e vaccinogeno pubblico, senza il quale la salute pubblica e la normale vita economica e culturale non possono essere garantite a lungo termine.

 


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