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La copertina del Telegionare della RSI di giovedì sera si è aperta non, come sempre avviene, con i titoli delle varie notizie del giorno, ma con l’inno nazionale di un paese estero, gli USA, che accompagnava una carrellata di immagini, il tutto dallo studiato sapore emotivo privo di adeguato distacco giornalistico. Sono tutti simboli di una subalternità alla cultura americana che il servizio pubblico radiotelevisivo del nostro Paese avrebbe potuto anche evitare: non siamo infatti una colonia americana! A ciò sono seguiti ben 31 minuti di approfondimento per parlare della “più grande democrazia del mondo”, e già questa è una qualifica di parte (oltre che immeritata) per quella che addirittura l’ex-presidente George W. Bush ha definito una “repubblica delle banane”!

31 minuti del TG non li abbiamo mai visti quando ad essere prese d’assalto erano le legittime istituzioni di altri paesi, come l’Ucraina o il Venezuela per fare solo due esempi. Ma si sa: quando i colpi di stato violenti sono promossi dagli USA (e dall’UE) diventano “rivoluzioni democratiche” e i golpisti degli eroi (anche quando sono neo-nazisti!); quando invece ad essere assaliti sono gli interessi atlantici si ha a che fare, sempre e comunque, con dei terroristi. Paragonare poi – come fatto da uno dei giornalisti intervistando il ministro degli esteri Ignazio Cassis – una innocua manifestazione a Berna sulle tribune di Palazzo federale con l’occupazione violenta degli scalmanati americani dell’altro ieri è, come minimo, fazioso e indegno di un servizio pubblico pluralista.

La RSI è stata certamente più equilibrata rispetto al degradante spettacolo del giornalismo pubblico e privato della vicina Italia che nei giorni scorsi ha dimostrato un becero e sottomesso filo-atlantismo zeppo di retorica globalista, ma anche a Comano non sono mancate alcune sviolinate a Joe Biden che, lungi dall’essere un’alternativa a Trump, è simbolo di quel pensiero neoliberale e guerrafondaio di cui i nostri media dovrebbero raccontare con maggiore solerzia. Il Partito Comunista auspica infatti, a tutto vantaggio della professionalità dei giornalisti, un servizio pubblico plurale e indipendente dalla penetrante e unilaterale cultura euro-atlantista.

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