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Di fronte all’arrivo della temuta seconda ondata pandemica, il Partito Comunista rivendica un deciso intervento da parte dello Stato nella gestione dell’economia nazionale. La Confederazione sembra infatti non aver appreso a sufficienza dalla prima ondata di questa primavera, rinunciando a prepararsi adeguatamente alla recrudescenza della pandemia tanto sul piano sanitario quanto su quello economico. Numerose sono infatti le voci levatesi nelle scorse settimane per mettere in guardia il Paese dal serio rischio di penuria dei beni di consumo di base: lo stesso direttore di Commercio Svizzera (federazione che riunisce oltre 4000 aziende attive nel settore della vendita) Kaspar Engeli ha recentemente dichiarato che “se mancheranno parametri affidabili e un minimo di programmabilità, le catene di approvvigionamento in Svizzera rischiano di saltare”.

Per i comunisti, senza un’azione decisa da parte della Confederazione vi è il concreto rischio che si ripetano i fenomeni speculativi e le penurie avvenute la scorsa primavera, quando il prezzo di alcuni prodotti sanitari è esploso mentre alcuni grossisti si arricchivano grazie all’export (ben noto è il caso delle mascherine, giunte a costare fino a 20 CHF l’una, mentre alcuni intermediari ne esportavano a tonnellate verso l’estero, realizzando lauti guadagni grazie a queste operazioni di compravendita). Secondo Massimiliano Ay, segretario politico del Partito Comunista, “il mercato ha dimostrato di non essere efficiente: lo Stato deve quindi vigilare su questi fenomeni, assicurando le catene di approvvigionamento del Paese e bloccando sul nascere la speculazione”.  Ecco perché, aggiunge Ay, “le forniture di materale sanitario e di beni essenziali devono essere garantite dalla Confederazione”.

Il Partito Comunista sottolinea come esista già uno strumento attraverso cui agire in tal senso: l’Ufficio federale per l’approvvigionamento economico (UFAE) ha infatti il mandato costituzionale di “assicurare l’approvvigionamento del Paese in beni e servizi vitali in caso di gravi situazioni di penuria cui l’economia non è in grado di rimediare da sé”; in caso di necessità, esso può inoltre derogare al principio della libertà economica. Benché il mandato di questo ufficio sia chiaro, la sua (in)attività a fronte della pandemia da COVID-19 ha destato non poche perplessità: oltre a non essere intervenuto per mettere fine alle pratiche speculative di cui sopra, l’UFAE non si è ad esempio opposto alla liquidazione delle riserve di etanolo (essenziale per la produzione di disinfettante) decisa dall’ex regia federale degli alcool (privatizzata nel 2018). Lea Ferrari, deputata del PC al Gran Consiglio ticinese, ricorda che “sono gli stessi commercianti a lanciare l’allarme e a ricordare le difficoltà affrontate in primavera, richiedendo a gran voce l’intervento della Confederazione. Il Consiglio federale deve dunque attivare immediatamente l’UFAE e assicurarsi che esso non venga meno al suo mandato come avvenuto in passato”.

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