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A seguito della pandemia il telelavoro si sta diffondendo in modo importante. Esso però, nel nostro Paese, non risulta sufficientemente normato, creando di conseguenza situazioni problematiche per quanto riguarda i diritti dei lavoratori. A dirlo è anche l’Unione Sindacale Svizzera (USS), la quale indica come punti dolenti ciò che concerne, fra le altre questioni, il materiale d’ufficio.

A tal proposito è già intervenuto anche il Tribunale federale con la sentenza 4A_533/2018 del 23 aprile 2019, in cui si riconosce che l’infrastruttura per il lavoro da casa è necessaria per l’esercizio della professione ed è quindi soggetta a rimborso ai sensi dell’art. 327a CO.

Ciò premesso poniamo le seguenti domande:

1. Nel caso in cui, per motivi dettati specificatamente dalla pandemia (o da una situazione analoga), fosse necessario adottare il telelavoro in forme ampie, il Consiglio di Stato può garantire di corrispondere ai propri dipendenti i costi per: a) l’affitto di un locale adibito a stanza da lavoro al domicilio; b) la connettività internet; c) la rete telefonica; d) l’energia elettrica ed e) altre spese eventuali rese necessarie dall’esecuzione del lavoro (ad es.: la cartuccia d’inchiostro per la stampante)?

2. Nel caso di cui sopra, è prevista la fornitura a titolo gratuito per il lavoratore degli apparecchi informatici e telefonici necessari per il telelavoro dal proprio domicilio?

3. Rientrando il rimborso delle spese necessarie all’esecuzione del lavoro nel più ampio discorso dei diritti dei lavoratori, indipendentemente dalla presenza o meno di una pandemia (o di una situazione analoga), chiediamo al Consiglio di Stato di far luce sull’applicazione di questo principio (sancito come abbiamo visto anche dal Tribunale federale) nell’ambito del telelavoro.

Massimiliano Ay e Lea Ferrari, deputati in Gran Consiglio per il Partito Comunista

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