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A seguito della crisi provocata dalla pandemia da Coronavirus si susseguono i licenziamenti, e i dati sulla disoccupazione sono in aumento. La perdita di posti di lavoro è preoccupante e impone un intervento da parte dello Stato a tutela non solo dei lavoratori ma anche del tessuto produttivo del Cantone.

Gli aiuti previsti dall’ente pubblico, in effetti, dovrebbero essere atti a salvaguardare i posti di lavoro e a garantire il pagamento dei salari, certo non per aumentare i margini di produttività di quella parte irresponsabile del padronato che ne vuole approfittare.

Il Partito Comunista ha quindi incaricato i suoi due deputati in Gran Consiglio, Massimiliano Ay e Lea Ferrari, di depositare un’iniziativa parlamentare generica in cui si chiede di definire una base legale che possa vietare i licenziamenti durante il periodo in cui il Consiglio di Stato dichiari lo stato di necessità a seguito di pandemia o di pubblica calamità.

Siamo consapevoli che la proposta possa entrare in contrasto con il diritto superiore, visto che la competenza è anzitutto federale, tuttavia a determinate condizioni il Cantone è legittimato ad emanare norme di diritto pubblico in concorso con il diritto privato federale.

Non è esclusa una coabitazione del diritto pubblico cantonale con quello federale privato qualora sussistano tre condizioni:

  1. la Confederazione non abbia legiferato esaustivamente nella materia;
  2. le disposizioni cantonali siano motivate da un interesse pubblico pertinente e
  3. che le stesse non contraddicano il diritto federale.

Il Partito Comunista ritiene quindi che vi siano dei margini per il Cantone per introdurre tale divieto di licenziamento in periodo di emergenza sanitaria poiché è un obiettivo che non solo non è contemplato dal Codice delle Obbligazioni, ma che risponde a un interesse pubblico e non aggira il senso del diritto federale privato.


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