Intervento parlamentare sulla risposta del Canton Ticino al Coronavirus

Discorso in aula del deputato Massimiliano Ay a nome del Partito Comunista

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Presidente, Consiglieri di Stato, Colleghe e colleghi,

Come Partito Comunista sentiamo forte in noi, non tanto il senso della polemica fine a se stessa, ma il nostro ruolo politico nel contribuire con spirito propositivo e di responsabilità ad affrontare questa situazione che impone una presa di coscienza collettiva non solo nell’attenersi alle disposizioni di natura igienica, ma anche nell’arginare atteggiamenti irrazionali e di panico sociale che aggraverebbero la fase già di per sé delicata che stiamo attraversando.

Così come medici, infermieri, postini, poliziotti, ecc. sono in servizio a favore della collettività; anche il parlamento deve continuare a funzionare, e in tal senso è molto apprezzabile che l’Ufficio Presidenziale si sia riunito regolarmente in forma allargata anche con i Partiti come il nostro, che non fanno gruppo. Ma riconoscendo questo, non possiamo non sottolineare la nostra posizione critica sull’estensione dello Stato di necessità: nonostante le spiegazioni resta una decisione poco opportuna, soprattutto dopo aver riaperto praticamente tutto. Il superamento prolungato delle prerogative parlamentari e del ruolo dei Partiti anche in un momento di crisi, peraltro va a fomentare quel senso diffuso di “anti-politica” che occorrerebbe piuttosto contrastare.

Per affrontare un’emergenza come questa ci vuole un alto senso dello Stato. La crisi sanitaria ha visto, però, perlomeno nelle sue fasi iniziali, il ripetersi del vizio delle fughe di notizie. Lungi dall’essere sinonimo di trasparenza, questa prassi contribuisce alla perdita di credibilità dello Stato, e ciò fomenta ulteriori forme di individualismo a danno del senso di comunità. Si sono poi addirittura registrati dei casi di “ammutinamento” di alcuni munici che hanno umiliato la nostra tradizione repubblicana imponendo norme ad hoc valevoli solo per il loro comune. Non si tratta di espressioni libertarie: siamo dinnanzi ad amministratori locali che hanno rischiato di fomentare il caos fra i cittadini e di istigare un conflitto istituzionale in un momento di pericolo. Mi si permetta di dire che ogni Partito deve qui assumersi la responsabilità di selezionare il proprio personale politico e, come proviamo a fare noi comunisti nel nostro piccolo, a non tollerare forme di individualismo esasperato fra i propri esponenti.

Colleghe e colleghi:

Non abbiamo bisogno di eroi, ma di lavoratori valorizzati e tutelati nei loro diritti, nella loro salute e nella loro professionalità! Ci riferiamo in modo particolare ai servizi strategici del Paese. Certamente il personalme sanitario, ma anche altre figure, come i postini per fare che un solo esempio. Mi si permetta quindi di unirmi ai ringraziamenti per le persone cosiddette “al fronte”, benché forse questa retorica militaresca andrebbe superata perché ci si è spesso dimenticati di citare i ragazzi astretti al Servizio civile che rifiutando di indossare una divisa o di sparare, sempre, anche in tempi non di pandemia, rappresentano un enorme aiuto per gli istituti sanitari e le case anziani. Non scordiamoci i civilisti, spesso discrimanti, che ora Berna vuole persino penalizzare ulteriormente con una nuova legge per rendere meno attratativo il Servizio civile e contro cui ci sarà un referendum che spero proprio, a nome del contributo di questi giovani durante la pandemia, in tanti vorranno sostenere.

Ma torniamo ai diritti dei lavoratori. Sebbene si fosse raggiunto un consenso fra le parti sociali per un blocco della produzione non essenziale, non sono mancate eccezioni, concesse forse con troppa generosità a una parte di padronato che non poteva attendere di fare profitti, e questo persino quando il picco dei contagi non era stato raggiunto. È indecente che in alcuni cantieri sia dovuto intervenire il sindacato e la Polizia: sono stati questi tentativi di alcuni settori del padronato di sabotare la strategia di rallentamento dell’ondata epidemica che vanno condannati! Ecco perché il ruolo dei sindacati non può essere considerato facoltativo: il loro coinvolgimento da parte dello Stato Maggiore di Condotta andava ritenuto obbligatorio per qualsiasi decisione relativa alla gestione dell’economia nella fase più dura della pandemia, a partire evidentemente dalle deroghe. A tutto ciò va accompagnato una seria condanna per chi, nonostante la situazione e pur beneficiando anche del lavoro ridotto ha proceduto a licenziare dei lavoratori. Su questo il Partito Comunista ha già depositato una iniziativa parlamentare.

Due parole ora sul settore sanitario:

Deploriamo il fatto che il nostro sistema sanitario possa collassare in caso di chiusura dele frontiere: pur riconoscendo i miglioramenti presso l’EOC, ciò non vale sempre per case anziani e cliniche private. Il Coronavirus ci ha fatto capire l’importanza di evitare tagli alla sanità pubblica e ricordare che in Svizzera si forma meno della metà degli infermieri necessari.

All’encomio per il personale sanitario che ha lavorato strenuamente, va aggiunto però un pensiero tutt’altro che positivo alle casse malati che inizialmente hanno tentato di rifiutarsi di coprire i test per il coronavirus contro la decisione della Confederazione. Queste minacce alla collettività sono intollerabili e come Partitio Comunista ribadiamo la necessità di superare la giungla delle casse malati perché sulle spalle dei pazienti non si deve lucrare! E questo discorso vale anche per chi vuole estendere il già oggi esagerato partenariato pubblico-privato in questo settore.

Ci preme salutare positivamente l’equilibrio e la pacatezza dimostrato dall’Ufficio del medico cantonale. La sobrietà, la scientificità e l’essenzialità della comunicazione riveste un ruolo fondamentale in una fase di allarme, così come l’evitare di finire a fomentare intollerabili forme razziste di sinofobia.

Colleghe e colleghi:

Se è vero che il virus colpisce tutti, la retorica del “siamo tutti sulla stessa barca” non va abusata: l’abisso sociale che esiste fra le persone non solo con la pandemia non si colma, ma anzi si approfondisce. Se da parte del Consiglio di Stato la risposta ai contagi è stata tendenzialmente positiva – lo possiamo riconoscere – promuovendo misure drastiche come l’isolamento e il blocco delle attività; la risposta di tipo sociale appare invece troppo poco proattiva. A tal proposito abbiamo individuato alcuni ambiti, come quello del supporto ai lavoratori indipendenti, che abbiamo già sollevato in due interrogazioni. Il costo delle misure di rilancio dopo la pandemia non dovrà poi ricadere sulle fasce popolari con la solita presunta simmetria di sacrifici, perché sarebbe deleterio se il motto “inisieme ce la faremo” si traducesse in nuove forme di austerità, quando invece dovrebbe significare progressività ed equità. In quest’ottica i vincoli di bilancio, cioè il freno al disavanzo, sono un ostacolo pesante alla ripresa.

Tornando sul livello cantonale: benché questa crisi sanitaria abbia dimostrato un senso di accresciuta solidarietà che va lodato, ci preme dire una cosa: come comunisti non ignoriamo la responsabilità individuale. Tuttavia essa subentra nel momento in cui lo Stato si assume le proprie responsabilità in senso anche sociale ed economico: è anzitutto l’ente pubblico, prima del volontariato, a dover offrire per tempo servizi accessibili a tutti. Ciò è stato spesso il caso, va riconosciuto, ma deve diventare prassi anche al di là della fase acuta, che deve essere vista come un’opportunità di miglioramento del paese e di crescita collettiva del senso di appartenenza a una comunità.

In conclusione dobbiamo riconoscere i rischi di alcuni provvedimenti puntuali. Faccio solo tre esempi di ambiti diversi: il primo è quello della delazione (“le sentinelle sul territorio” – come son state definite, sentinelle che però – mi permetto di aggiungere – sono mancate, e mancano tuttora, sui posti di lavoro!). Un secondo esempio è la diffusione dell’insegnamento a distanza (magari su software proprietario) che alla lunga distrugge il carattere umanista della relazione educativa e che approfondisce le disuguaglienze fra gli allievi, e infine il telelavoro che potrà furbescamente essere usato – al di là dell’abile mossa propagandista di tipo ecologista – per parcellizzare ulteriormente i lavoratori, indebolendone la tutela sindacale. Misure quindi, queste, certo comprensibili in un periodo di emergenza, ma che non devono diventare la nuova normalità!

Grazie.

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