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Robotizzazione, intelligenza artificiale, big data, internet delle cose, ecc. sono termini che indicano come il mondo si stia aprendo alla rivoluzione digitale con cui saremo obbligati ad interagire.

Il Partito Comunista ritiene fondamentale che queste profonde trasformazione in ambito economico e sociale siano però oggetto di dibattito pubblico: siamo infatti convinti che la rivoluzione digitale vada gestita politicamente, cioè democraticamente, evitando che essa venga invece assorbita esclusivamente nell’orbita degli interessi di azionisti e manager dell’imprenditoria privata. Un dibattito pubblico incoraggerebbe inoltre anche uno sviluppo sostenibile della tecnologia: quest’ultima infatti non è qualcosa di neutrale come spesso si vuole far credere, ma in base a chi, per cosa e come viene sfruttata, assume in realtà un profondo carattere politico.

Il Partito Comunista ritiene necessario partire subito in modo serio nello studiare l’evoluzione dell’economia digitale, anticipandone le applicazioni pratiche; valutare le ripercussioni socio-economiche dei nuovi modelli produttivi permessi dalle innovazioni digitali con lo scopo proporre misure concrete per regolamentare e per tutelare i lavoratori così come i consumatori.

Per queste ragioni i nostri deputati in Gran Consiglio, Lea Ferrari e Massimiliano Ay, hanno inoltrato una mozione all’attenzione del Consiglio di Stato proponendo di istituire un Osservatorio cantonale della rivoluzione digitale che funga da organo consultivo del governo e composto di economisti, giuslavoristi, sindacalisti, ecc. Esso – proprio perché il fenomeno non si riduce entro i confini cantonali – potrebbe avvalersi dell’esperienza concreta e pratica già accumulata in questo ambito dalla World Association for Political Economy (WAPE) ma anche dallo European Trade Union Institute.
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