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1. Esprimiamo solidarietà alla resistenza patriottica siriana organizzata nell’ambito del Fronte Nazionale Progressista e politicamente guidata dal Partito Socialista Arabo (Baath), dal Partito Comunista Siriano e dalla Federazione Generale dei Sindacati Siriani. Essa ha saputo sconfiggere il terrorismo islamista e ha impedito all’imperialismo atlantico di conquistare il Paese sotto attacco dal 2011.

2. La Repubblica Araba Siriana è un paese sovrano e indivisibile. Chiunque, per motivi religiosi (ISIS, ecc.), etnici (Rojava) o geoeconomici (USA e alleati) attenti all’integrità territoriale della Siria, favorendone la balcanizzazione e il saccheggio delle risorse naturali, si pone contro la pace e al servizio degli interessi dell’imperialismo atlantico.

3. Rivendichiamo il ritiro immediato delle truppe di occupazione statunitense dal territorio della Repubblica Araba Siriana, a partire dalla chiusura delle basi militari americane nel cosiddetto Rojava. Lo stesso vale per tutte le forze estere non tollerate dal governo siriano. Il rispetto dell’unità e della sovranità nazionali di tutti i paesi della regione è l’unica garanzia di pace e di progresso economico.

4. Non ci sfugge che, dopo il tentato golpe islamista e filo-americano del luglio 2016, per la Turchia si è aperta una nuova fase storica, caratterizzata da una certa ostilità rispetto agli USA, come si può vedere dal recente acquisto del sistema missilistico russo di difesa anti-aerea, dal continuo sviluppo di sistemi d’arma turchi autonomi dalla tecnologia NATO e dalle minacce scomposte del presidente statunitense Trump di “distruggere l’economia turca”. Questo lento e pure contraddittorio svincolarsi della Turchia dal campo atlantico per orientarsi ai paesi emergenti dell’area euroasiatica è un fatto potenzialmente positivo, purché Ankara la finisca con l’ambiguità: il presidente turco Erdogan deve chiudere subito la base militare americana di Incirlik e iniziare il processo per uscire dalla NATO.

5. La Turchia, nell’ambito dei vertici di Astana, ha garantito che riconoscerà l’integrità territoriale della Repubblica Araba Siriana minacciata dal separatismo etnico. Affinché ciò si avveri occorre però che il governo di Ankara, oltre a ottemperare agli accordi sulla sicurezza di Adana del 1998, normalizzi le relazioni e la cooperazione con il governo di Damasco riconoscendone la piena sovranità sul proprio territorio e, nel contempo, rompa gli inaccettabili e persistenti contatti con i terroristi islamisti dell’Esercito Libero Siriano (FSA).

6. I curdi sono cittadini della Repubblica Araba Siriana e come tali hanno gli stessi diritti e gli stessi doveri dei cittadini siriani delle altre etnie. Essi sono anzitutto chiamati a rispettare la Costituzione della Repubblica Araba Siriana: questo significa (a) rinunciare a organizzarsi in eserciti privati per di più armati dall’estero (YPG, FDS, ecc.) senza l’autorizzazione dello Stato Maggiore Generale dell’Esercito Arabo Siriano; (b) rompere ogni vincolo che unisce il separatismo curdo allo Stato di Israele e agli Stati Uniti, in quanto avversari della Repubblica Araba Siriana; (c) rispondere affermativamente alla proposta del governo di Damasco di “tornare nell’abbraccio della patria siriana”, rinunciando cioè a qualsivoglia forma di secessionismo che esuli dal controllo politico del legittimo governo a guida socialista della Repubblica Araba Siriana.

7. Rivendichiamo una politica estera della Svizzera che intensifichi la cooperazione con l’area euroasiatica, che normalizzi le relazioni diplomatiche e economiche con la Siria, che cessi le proprie partnership con la NATO promotrice indiscussa negli ultimi anni di terrore e caos geopolitico.

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