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In riferimento ai devastanti incendi in Amazzonia, il Partito Comunista esprime dalla Svizzera la sua solidarietà ai popoli dei paesi coinvolti, in particolare a coloro che abitano nella foresta amazzonica. Questi incendi non vanno assolutamente visti come incidenti, ben al contrario rappresentano un esempio drammatico di come il modo di produzione capitalista, esclusivamente orientato alla massimizzazione del profitto, non consideri in alcun modo la tutela della natura e dell’ecosistema.

La distruzione dell’Amazzonia – uno dei polmoni verdi del nostro pianeta – non è certo iniziata ora: le multinazionali europee e occidentali e altri gruppi economici (certamente non indigeni!) da decenni depredano le risorse di quella parte del mondo, anche per ragioni geostrategiche, assicurandosi la proprietà della terra e delle materie prime da essa estratte. Una situazione che oggi trova pieno consenso nel programma neo-liberista del regime guidato dall’estremista di destra Jair Bolsonaro, il quale dà libero sfogo al grande capitale internazionale attivo nel settore agroalimentare.

Si tende però a dimenticare che durante i precedenti governi brasiliani di sinistra guidati da Lula e Dilma lo sfruttamento dell’Amazonia era diminuita, basti pensare che la coalizione di governo che inglobava il Partito Comunista del Brasile (PCdoB) aveva ridotto la deforestazione di ben l’82%. I leader europei che oggi piangono lacrime di coccodrillo e si riscoprono “ecologisti” (a partire dal presidente francese Emmanuel Macron che ama giocare al colonialista!) sono proprio coloro che nel 2016 avevano sostenuto il golpe che ha rovesciato il legittimo governo brasiliano aprendo così la strada a Bolsonaro e allo smantellamento dei progetti di sostenibilità ambientale.

Siamo solidali con il PCdoB che ha chiesto la messa in stato di accusa del Presidente della Repubblica Jair Bolsonaro per il reato di disastro ambientale, avendo egli recentemente non solo epurato i vertici dell’Istituto preposto al controllo meteorologico sulla regione amazzonica ma pure letteralmente smantellato le strutture di ispezione e di controllo di quella regione. Bolsonaro ha pure pesantemente attaccato l’IBAMA, cioè l’Istituto brasiliano dell’ambiente e delle risorse naturali rinnovabili e l’Istituto Chico Mendes per la conservazione della biodiversità (ICMBio), azzoppando quindi ogni politica di sviluppo sostenibile. 

Come comunisti svizzeri solidarizziamo con le forze di opposizione a Bolsonaro che, con lo slogan “L’Amazzonia è nostra”, si stanno unendo per rivendicare la sovranità nazionale del Brasile rispetto all’attuale regime che sta svendendo l’economia brasiliana al capitale estero. Il Partito Comunista considera di conseguenza che il giusto e necessario aiuto internazionale per affrontare questa emergenza ambientale non debba in alcun modo legittimare l’attuale governo brasiliano e il suo programma svendi-patria che ha intensificato la deforestazione dell’Amazonia. 

Invitiamo inoltre il Consiglio federale alla massima prudenza nella stipulazione dell’accordo di libero scambio con il Mercosur: non ci sfugge che il Brasile è un paese emergente importante nell’ottica di diversificare i partner commerciali della Confederazione (e questo fatto non cambia in base a chi vince le elezioni!) e tuttavia questo accordo sembra presentare punti critici potenzialmente svantaggiosi per la nostra agricoltura.

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